sabato 13 novembre 2010

Note misantropiche di un filantropo dubbioso


"L’umanità, io l’ho divisa in due categorie di persone: Uomini e caporali.
La categoria degli uomini è la maggioranza, quella dei caporali, per fortuna, è la minoranza.
Gli uomini sono quegli esseri costretti a lavorare per tutta la vita, come bestie, senza vedere mai un raggio di sole, senza mai la minima soddisfazione, sempre nell’ombra grigia di un’esistenza grama.
I caporali sono appunto coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano. Questi esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno li troviamo sempre a galla, sempre al posto di comando, spesso senza averne l’autorità, l’abilità o l’intelligenza ma con la sola bravura delle loro facce toste, della loro prepotenza, pronti a vessare il povero uomo qualunque.
Dunque dottore ha capito? Caporale si nasce, non si diventa! A qualunque ceto essi appartengano, di qualunque nazione essi siano, ci faccia caso, hanno tutti la stessa faccia, le stesse espressioni, gli stessi modi. Pensano tutti alla stessa maniera!"


Recitava così, il grande Antonio De Curtis in un suo emblematico, e per molti aspetti sempre attuale, film del 1955, nei panni del povero Totò Esposito: Siamo uomini o caporali?, interpretato con il bravissimo Paolo Stoppa. 
I momenti più significativi e rivelatori della nostra esistenza non sono tanto i grandi eventi, i momenti sensazionali, quanto piuttosto il modo in cui le persone agiscono o reagiscono nelle minute circostanze, nelle vicende di "piccolo cabotaggio"... E' lì che spesso, e di certo più significativamente, l'animo umano dà il meglio o il peggio di sé. Chissà quante coppie, se prestassero attenzione ai piccoli fastidi che la convivenza quotidianamente comporta (come si affetta il pane, come si spreme il tubetto del dentifricio, come si spolvera la mobilia...), potrebbero evitare le penose involuzioni e degenerazioni cui spesso, anzi sempre più frequentemente, è dato assistere, talora anche con esiti ferali... Un po' a guisa della goccia che, nel tempo, con inesorabile pazienza, scava la roccia più dura...
Ciò che colpisce, anche quando non ferisce, è la capacità di alcuni soggetti di arrivare a bassezze e meschinità tali da non ritenerle immaginabili se non allorché, per le ragione più svariate, se ne viene nostro malgrado a contatto... E, peggio ancora, l'apparente inconsapevolezza che sovente accompagna certi atteggiamenti o comportamenti... Nondimeno, non ho mai creduto al Bene e al Male assoluti, quali inviolabili e innate categorie dell'Essere, in certo senso predeterminate... C'è probabilmente sempre una ragione in ogni azione, parola, pensiero di un essere umano, sia che affondi in un presupposto contingente, concreto e consapevole, sia (ed è il caso più tipico) che le origini si perdano nel mare magnum del suo parastrato e sostrato psichico, nei meandri oscuri delle sue sedimentazioni e stratificazioni subconsce o inconsce. E probabilmente siamo tutti buoni o cattivi a seconda del momento, del luogo, della situazione, delle persone con cui ci interrelazioniamo, quanto meno fino a quando restiamo tenacemente attaccati al nostro microcosmo quotidiano, alle mendaci ed esiziali sirene del "desiderio" epicureamente inteso. Senza dimenticare che i concetti di Bene e di Male sono pur sempre concetti accettati o rigettati a seconda di precisi orientamenti o condizionamenti politici, religiosi, culturali e sociali.
E però questo non basta... "Caporale si nasce, non si diventa!", dice Totò Esposito nella pellicola su citata, ciò che non è in contraddizione affatto con il presupposto della "accidentalità", se si vuole della "relatività", del Positivo e del Negativo, giacché è indubbio che ci sono elementi personali, congeniti o ambientali (l'indole, l'educazione, le esperienza di vita...) che hanno un peso non irrilevante nel determinare gli approcci di ciascuno verso l'"alterità"...
I piani di valutazione sono, dunque, almeno due: la propria natura, il carattere individuale, che è sostanzialmente inalterabile, se non per elementi di dettaglio su cui intervengono fattori educativi, familiari, socio-culturali, empirici; e la propria capacità relativa e contingente di essere Bene o Male. Tentiamo una esemplificazione... Il Signor Rossi è per natura un timido; crescendo ha imparato a controllare e magari vincere la sua timidezza per necessità, ma nel suo intimo resta un timido che ritrova se stesso ogni qualvolta quella necessità, nella sua vita sentimentale, familiare, professionale, viene meno. Al Signor Rossi capita di trovarsi, ad un dato momento, al centro di una querelle in cui, vista l'implicita riproposizione della condicio necessitatis, si trova costretto, vincendo ancora la propria timidezza, ad assumere una audace posizione di tutela verso terzi o verso se stesso. Il portato della sua azione, provocherà ineluttabilmente due connotazioni del Signor Rossi, una positiva (Bene), laddove produce per qualcuno o qualcosa un beneficio o un vantaggio, ed una negativa (Male), allorché invece si riveli per chicchessia lesiva. Ciò non toglie che il Signor Rossi, resti alla fine, pur sempre il medesimo Signor Rossi... Ora, però, dove è individuabile la discriminante che può consentire all'osservatore esterno di stabilire, in modo inequivocabile, che il Signor Rossi è, in riferimento a quell'azione in particolare, ma anche più in generale, "uomo" piuttosto che "caporale"? La cosa non è facilissima, anche perché un ipotetico osservatore, pur nella più perfetta buona fede, non è MAI parziale, e MAI potrebbe, del resto, esserlo: esso stesso è soggetto a quella medesima doppia valutazione che regola l'azione (e prima il pensiero) del nostro Signor Rossi, e di cui si è detto sopra. Il criterio va quindi trovato a monte di entrambi, l'osservatore e l'osservato...
Quale criterio? Intanto un criterio che sfugga alla logica del Bene e del Male, altrimenti torneremmo al punto di partenza... Pensandoci su, ne potremmo individuare almeno uno... La Coerenza, per esempio... E' "uomo", e non "caporale", chi è coerente con se stesso, con il proprio Essere, senza derogare secondo convenienza, ovvero per paura o opportunismo, ai propri valori e principi, al coraggio delle proprie idee, dei propri pensieri, delle proprie parole e azioni e dei propri sentimenti, alla lealtà, al rispetto, alla dedizione verso l'altro e alla sua tolleranza. E la Coerenza si perfeziona solo quando ci sia una parallela assunzione di Responsabilità (secondo criterio?), fino a pagarne tutte le possibili conseguenze, derivante dall'essere coerente.
Forse, anche qui, potremmo però rifuggire la tentazione di porre un suggello perentorio di assolutezza, nel senso che potrebbe essere affatto lecito chiedersi se non siamo, alla fine, tutti, ad un tempo, uomini e caporali: in altri termini, passare dal "chi è (responsabilmente) coerente" al "quando si è (responsabilmente) coerenti"... Semmai è una questione "statistica" o di percentuale: quanto e quante volte siamo o ci comportiamo da uomini, anziché da caporali, o viceversa... Insomma, pare che alla fine il relativismo sia l'approccio migliore tout court, se non altro perché più rassicurante e cauto, se anche si considera che ciascuno di noi è, secondo il vecchio detto, il peggior giudice di se stesso, e che il giudizio altrui è spesso quello di chi vede pagliuzze nell'occhio del prossimo, senza accorgersi delle enormi travi che devastano il proprio... 
Ma probabilmente c'è un approccio ancora più basilare e icastico al dilemma dell'uomo e del caporale, che potrebbe esserne, tutto sommato, la chiave di lettura privilegiata... Affermare e ritenere, con il protagonista del film e Oscar Wilde (cui la frase è attribuita) una semplicissima verità: più si conoscono gli uomini, più si amano le bestie...

mercoledì 3 novembre 2010

Nepal

Un viaggio di un paio di settimane in Nepal non può andare oltre una sorta di "carrellata" attraverso i principali elementi connotativi del paese e del suo popolo. Fra questi, la valle di Kathmandu, con il cospicuo patrimonio storico, culturale, religioso e architettonico della capitale e degli altri pittoreschi centri urbani, esperibile nelle suggestive vedute delle "piazze" monumentali; nella ieraticità degli stupa, dei templi e dei santuari, e nelle tradizioni religiose e rituali secolari, dove buddhismo e induismo con i rispettivi corredi di simboli e apparati convivono nell'armonia sorridente e placida del namaste, il saluto tradizionale sinonimo di rispetto e accettazione del divino che è in ciascun essere e che ciascun essere riconosce nell'altro; nei deliziosi quartieri e nelle viuzze medievali, formicolanti di vita e quotidiana umanità; nei variopinti mercati di frutta e verdura e negli animati e affastellati negozietti; nel traffico frenetico e caotico, dove moto auto e camion, pedoni e animali si intersecano e si schivano, quasi magicamente, in un groviglio sconclusionato e frastornante... Per non tacere delle imponenti, spettacolari, poderose vette innevate dell'Himalaya e dell'Annapurna, paradiso e inferno per generazioni di esperti alpinisti e scalatori, ma anche mete predilette per milioni di escursionisti e trekker lungo emozionanti percorsi fra monti lussureggianti e scroscianti corsi d'acqua, patria eletta degli sherpa, etnia di montagna e moderno designativo di guide esperte e portatori capaci di arrampicarsi, anche semi-scalzi, per costoni e vallate sotto il peso spaventoso di merci e attrezzature di montagna... E ancora, i bassopiani subtropicali del Terai cosiddetto "interno", nella giungla calda e umida del Parco di Chitwan, con la sua varietà di piante e animali e i suoi costosi lodge in stile "coloniale"...

Se tutto ciò è vero, nondimeno devo riconoscere che, al di là dell'innegabile interesse, non sono riuscito ad entrare in "empatia" con questo mondo, mi è mancata quella sorta di Einfühlung che ho vissuto visitando altre realtà (penso segnatamente allo Yemen e all'Abissinia)... Forse perché rifuggo per natura tutto quello che è troppo turisticizzato (e il Nepal, almeno nei circuiti dei tour tradizionali, lo è notevolmente), oppure perché sono le terre e le popolazioni più selvagge, povere ed ostiche a stimolare le mie più riposte emozioni... Chissà... Ovvio, il Nepal che vede oggi il turista occidentale è, come molte altri scenari del Terzo Mondo, un Nepal, almeno in parte, profondamente snaturato dalla presenza massiccia dell'Occidente e dalla globalizzazione... Oltre che una meta privilegiata per scalatori e cultori della montagna, non dimentichiamoci che Kathmandu rappresentava la tappa finale del famoso "pellegrinaggio hippie", così in voga fra la fine degli anni 60 e l'inizio anni 70 del secolo scorso, ciò che lo rende ancor oggi uno stanco, anacronistico simulacro di una cultura, o pseudo-cultura, ridotta a snobismo da alternativi abbienti, un po' come il Che Guevara e il sub-comandante Marcos da T-shirt modaiole...

Visitare un paese, una terra straniera e lontana da noi per usi, cultura, sistema sociale non significa certo "conoscere" quel paese, quella terra e le rispettive genti... Anche se la visita può essere sufficientemente dilatata nel tempo e approfondita attraverso le località toccate, magari informata ad un approccio, almeno nelle intenzioni, meno turistico e più da viaggiatore, solo il "vivere" per periodi abbastanza lunghi in una determinata realtà, e precipuamente il viverci cercando di comprenderne e compenetrarne le dinamiche più intime e riposte, acquisendone possibilmente la lingua e la quotidianità, può mettere lo straniero nella condizione privilegiata di "conoscenza" relativa...

Credo che il suddetto sia un concetto tanto irrefutabile, quanto scontato, ma spesso, nondimeno, sottovalutato. E ritengo pure sia questa una delle ragioni per le quali si creano certi luoghi comuni, privi di reale fondamento, o comunque informati ad ottiche e visioni quanto mai superficiali e parziali, a seconda degli orientamenti celebrativi o denigrativi, su questo o quell'altro paese, questa o quell'altra cultura o popolazione, senza dimenticare i condizionamenti degli omnipresenti interessi del turismo organizzato e dei tour-operator che lo gestiscono. Occorrerebbe magari approfondire e completare, nella fattispecie, la conoscenza di tale piccolo e dignitoso paese del continente sub-indiano percorrendo itinerari meno battuti, più di nicchia... Penso alle remote e fascinose lande del Mustang, per esempio, o alle regioni del cosiddetto outer Terai... Un'idea per una prossima avventura?

giovedì 14 ottobre 2010

La Stanza (dedicata ad una malinconica Amica)

C'era una volta una stanza... No, non è una favola, c'era davvero... Non era bellissima, anzi, direi proprio bruttina... Per quanto il ricordo di chi la frequentava sia adesso, a distanza di molti anni, remoto e sfumato, reso offuscato e vago dal tempo, nei frammenti che affiorano alla memoria di costoro è unanime  il giudizio sull'aspetto grigio, disadorno, potremmo dire squallido, di quell'ambiente... Era collocata sulla piazza d'arme di una caserma sede di B.A.R. (o, come si diceva prima, C.A.R.), proprio all'entrata, davanti alla sede dell'Ufficiale di Picchetto e ai quartieri del Corpo di Guardia; vi si accedeva attraverso una porta, sempre aperta, ed una finestra dava sul vasto piazzale antistante, per quanto la luce che da essa penetrava non riuscisse a renderla luminosa più di tanto... Quella stanza era il parlatorio della caserma...
Qualcuno, cui capitasse per puro caso di leggere queste righe, potrebbe ora chiedersi che cosa ci sia di tanto interessante in un simile spazio, anonimo e insignificante, in una altrettanto anonima caserma, situata a ridosso del centro di una sonnolenta cittadina di provincia... La domanda in effetti è pertinente, e merita un'immediata risposta: nulla! Proprio nulla di interessante... Però, un tempo, in quella stanza, per un anno circa, quasi ogni giorno, avveniva un evento straordinario! Oddio, non che in sé fosse più di tanto originale, anzi era forse un evento antico come il mondo... Ma senza la minima ombra di dubbio quell'evento diventava unico, ed in modo sinceramente esclusivo, per certune persone che se ne sentivano, e ne erano di fatto, protagoniste... L'evento era un incontro, o per meglio dire, un Incontro... Si dirà, e sai che roba, in un parlatorio che cosa vuoi che avvenga? Infatti, l'ho detto, nulla di sensazionale in sé, ma di speciale per Loro, sì Loro, i due protagonisti di quell'evento: un ragazzo e una ragazza... Due persone, insomma, ma principalmente, due Anime... Tanto da far meritare la maiuscola alla parola Incontro. Esso, infatti, per "quelle" due persone, non rappresentava SOLO un vedersi o rivedersi giornaliero, un parlare del più e del meno, un aggiornarsi fra i mondi contigui di una medesima bizzarra realtà, un desiderio a stento ogni volta represso, che passava attraverso uno sguardo complice, il fremito di una carezza, il sussulto dei sensi allo sfiorarsi della pelle; ma anche e soprattutto la conferma che quelle due persone "c'erano", e c'erano "l'uno per l'altra", o almeno così credevano... Molti, mi rendo conto, magari i più, continueranno a non capire il perché di tutta questa enfasi su una sostanziale banalità... A pensarci bene, forse, il senso profondo, il valore recondito potrebbe essere appieno percepibile e compreso solamente dai due protagonisti di quella vicenda, se mai avranno occasione di leggere questa storia che li riguarda... Non per supponenza (che diamine!): è che nessuno, a parte forse anime particolarmente sensibili, riesce a trovare nelle situazioni "speciali" degli altri alcuna intima eccezionalità, se non quando (e non è detto manco allora!) si trovi a vivere un'analoga singolarità a sua volta, nella propria ovvietà quotidiana secondo l'altrui giudizio...
Ad ogni modo, l'anno passò, il tempo pure... La recluta, dopo il congedo, divenne a poco a poco reclusa fra le sbarre della propria fallimentare ed inconcludente esistenza, a scontare il fio di un volo troppo alto senza né ali, né paracadute... La sua visitatrice cambiò all'inizio solo parlatorio, per così dire, da quello della stanza, a quello, muto, della prigione in cui la controparte si andava confinando per la propria auto-condanna esistenziale... Soprattutto, uscite dalla stanza, le due Anime non si incontrarono più, prima cessando di parlarsi, poi tentando una rincorsa senza prendersi, infine disperdendosi lontane... Le due persone avevano cessato di "Esserci" l'una per l'altra... Qualcuno all'epoca disse anche che, in verità, non c'erano forse mai state... Chissà... Sta di fatto che, sebbene separati, ciascuno perso lungo il cammino insidioso della propria umana vicenda, con addosso il suo onusto bagaglio di umanità vissuta, un sottile, lieve fil rouge continuava imperturbabile a tenere vivo il ricordo di quegli Incontri nella stanza... Che lei, la stanza, restasse coraggiosamente là testimone tacita e discreta di altri, innumerevoli, Incontri di Anime, di occhiate ammiccanti e parole sussurrate, desideri e speranze, delusioni e amarezze, era comunque un rassicurante conforto anche per quei due ormai smarriti. Nel senso che, comunque, restava l'evidenza non scritta, ma non per questo meno certa, che quell'Incontro fra di loro c'era stato e che qualcosa comunque aveva lasciato per riscaldare i freddi meandri delle proprie Anime, specie quando più si sentivano avvinte dal gelo della solitudine...
E vennero tempi di vacche magre, la caserma fu dismessa e trasformata, dai nuovi Piani Regolatori comunali, in uffici civili, la piazza d'arme divenne un enorme parcheggio, agli squilli di tromba, che scandivano i vari momenti della vita militare durante l'acquartieramento, subentrarono quelli di clacson, ai secchi comandi e al rumore degli stivaletti anfibi in marcia sul selciato, il borbottio dei motori dei veicoli in entrata ed uscita nel parcheggio e i passi frettolosi  di chi, o avendo lasciato l'auto, o facendovi ritorno dopo le proprie commissioni, transitava di lì... Fra questi, vi era sovente la nostra visitatrice, che, non senza un certo groppo alla gola e un tuffo al cuore, ogni volta che si trovava a passare dinanzi alla stanza (ed era inevitabile farlo, trovandosi ora a ridosso di quello che era stato adibito ad ingresso principale del parcheggio), tornava a non capacitarsi del perché quello che era stato, ad un certo punto, non fosse stato più, e con una certa, triste nostalgia indugiava al ricordo di quell'anno di Incontri... Anzi, spesso, soffermandosi davanti alla porta, adesso serrata, della stanza, la guardava pensosa e malinconica e sussurrava fra sé e sé, un mesto "Perché?", come aspettando da essa una risposta rimasta da allora inevasa... Dal canto suo, l'ex-recluta, dalla sua "prigione", ripensava a quella stanza distratto, preso dalle angustie e dalle privazioni della sua reclusione, e però, quando succedeva, non poteva non avvertire un moto struggente nel cuore, quasi un'eco del calore che quegli Incontri provocavano ogni volta...
Ma un giorno successe l'inevitabile... L'ennesimo Piano Regolatore del Comune, venendo incontro alle esigenze (più volte lamentate nelle opportune sedi da parte dei fruitori del parcheggio e puntualmente confermate dalle ispezioni dei solerti tecnici comunali) di migliore manovrabilità dei mezzi in entrata e in uscita dal medesimo, nonché alla necessità di aumentare il numero di posti, onde fronteggiare la crescente domanda della sempre più motorizzata utenza, decretò inopinatamente l'abbattimento della stanza, del resto ultimo, inutile e inutilizzato residuato della vecchia struttura militare e dei suoi antichi fasti marziali... Così la dismessa stanza, una triste mattina, ad onta della sua ormai quasi monumentale  funzione, fu in breve ridotta ad un cumulo di macerie e calcinacci, che, con i frammenti degli Incontri e delle Emozioni di cui era stata spettatrice e complice, furono poi raccolti, caricati su dei camion e convogliati verso una discarica... Lì, terminarono la propria vicenda anche le ideali vestigia dell'Incontro delle nostre due Anime... La visitatrice seppe dello scempio solo a cose avvenute, si precipitò a vedere e pianse nel constatare che una Fiat Multipla, due S.u.v. e quattro City-Car, oltre a qualche spazio vuoto, occupavano la superficie una volta appartenuta alla stanza... Rimase allibita e triste... Come se le avessero tolto un pezzo di cuore... Due lacrime le solcarono le guance, subito asciugate fra l'indifferenza dei passanti... A capo chino, assordata da un ronzio che le confondeva animo e cervello, si volse per tornare sui suoi passi, quando un'ombra la distrasse all'improvviso... Alzò gli occhi: un signore di mezza età era in silenzio davanti a lei, contemplante il nulla in direzione della zona dove sorgeva la stanza: anch'egli aveva il volto rigato di pianto, e l'aria attonita di chi, appena scarcerato, torna ad osservare il mondo con occhi liberi e trasognati... I loro sguardi si incrociarono e si parlarono senza parole: erano Loro!!! Di nuovo, Loro... Diversi, cambiati, persone forse irrimediabilmente perdute, ma non contava: erano le loro Anime che tornavano ad Incontrarsi e (chi può dire in quale nuovo inusitato modo) ad Esserci...  La stanza, morendo, aveva compiuto il miracolo...

domenica 19 settembre 2010

Scriverti una canzone

Molte volte ho cercato
di scriverti una canzone,
ne ho fischiato per ore,
nei posti più impensati,
la melodia e il ritmo, il giro
armonico... Una canzone
magari un po' banale,
che neanche fosse troppo
originale, ma parlasse
di te e me, della nostra
eterna storia, d'una lotta senza
gloria, per restare ancora qui
disfatti, insieme...
Poi, le dita sulle corde, i tasti
muti, quasi fosse destinato, mai
varcarono alfine la soglia
d'una croma in anacrusi,
una sincope mancata... La mia voce
stonata...

sabato 18 settembre 2010

La mano del Pittore

Rughe segnate,
le dita tremule reggono lento
il pennello, un attimo
esita, raccolto come
in preghiera, il Tempo
concede gentile
una tregua e poi,
la tela solca con rapidi
tratti, nervosi
leggeri dolenti,
colore che modula
e sfuma, conduce, traduce
la Sete dell'Anima riarsa,
plasma la tela
come un Dio antico e severo
impasta l'argilla
di Sangue e Respiro
e un Urlo strozzato...

Là, giace l'opera
e il demiurgo,
la mano mozza
e la parete nuda...

giovedì 16 settembre 2010

La Danzatrice e l'Orso (dedicata ad una Sognatrice)

Si levano leggere
le punte,
vergano l'aria
le braccia, eleganti
volute, al ritmo
trasognato, sofferto,
arguto della Fiaba,
ricami di Grazia
e Mistero, nel pas-de-deux
di Anima e Pensiero...
Rapide, le note
ritagliano le sillabe,
quasi un sussurro,
pas-de-bourrée,
la melodia si leva
e diffonde il suo
armonioso canto,
pennella Storie, incide
destra Forme e Colori,
fra riso e pianto,
magicamente crea...
Un arabesque, due pirouettes...
Un verecondo inchino, e malizioso
l'occhio ride allo scrosciante
plauso...

Un tetro orso, 
con la catena al collo,
di vecchio e rado pelo,
goffo, zampettava
basculando sul logoro
tutù, ignorato dietro
una corte attonita
di principi ranocchi,
fate silvane e dame
sulla scopa...

venerdì 10 settembre 2010

La maledizione

Ho provato a non parlarti
più, a cancellare
bruciare gettare
ogni ricordo di te,
fosse pure un vago accenno,
una fuggevole emozione...
Ma, inesorabile, torni,
più t'evito e ti umilio, più tu,
inesorabile, torni...
Sorniona e disarmata
come una gatta che si finge
distratta, e attende lontana,
ma scatta all'istante
felpata e implacabile
a ghermire la debole preda...
Io ti disprezzo e t'odio
per il tuo irriducibile capriccio,
la tua dolcezza perversa,
la tua fedifraga malizia,
l'assuefazione che m'hai inflitto,
il morbo pernicioso che sei...
Io ti disprezzo e t'odio per quanto
t'ho amata e t'amo...
E per questo tu, inesorabile,
torni...

mercoledì 8 settembre 2010

In itinere (ricordando Kavafis)

Ad Itaca non giunsi mai,
dopo che feci, e ancora rifarei,
il gran rifiuto per esserne
annientato...
Non era la certezza del lungo
viaggio, né la paura
delle insidie, anzi sprezzate
superbo, sebbene mostri peggiori
di Lestrìgoni e Ciclopi e della furia
stessa dei marosi al cenno
del possente Cronide,
già allignassero, infidi, pronti
al saccheggio...
Non si placò la sete
di sorti alte e inaudite imprese,
d'approdi astrusi, saperi
strani e merci rare e peregrine,
e lunga, sì, la via, ma alfine senza
mèta, e come per fascino
maliardo, spogliata la notte
dei frutti colti man mano diurni...
Ad Itaca non giunsi mai,
forse perché mai davvero ne fui
partito, o forse perché, da Itaca, in fondo
da sempre ho desistito...
No, Itaca nulla m'ha donato,
a nulla mi portò,
perché tornare? Vecchio, stanco,
non saggio, non ricco,
non esperto... Solo uno che fece,
suo malgrado, il gran
rifiuto...

martedì 7 settembre 2010

Soliloquio

Guardale rincorrersi,
in un cielo rosso fuoco,
dai riverberi ora porpora
ora azzurrini, bianche
pecorelle alla rinfusa sparse
come morbidi cuscini
su di un cielo un po' diwan,
un po' chaise-longue...

Guardane le forme...
il muso del somaro,
l'albero del pane,
la casa sul crinale... E quella...
La faccia di Pasquale!!!

Guardane la fuga,
il lento implacabile dissolversi,
mentre morendo il sole
manda, più forte, un ultimo singulto
di calore...

Nuvole su di me...

lunedì 6 settembre 2010

La scatola 2

Nulla, alla fine, è stato,
nulla è...
Nulla si può costruire
sul nulla... E il nulla non è
né bene, né male,
e neppure rabbia
o dolore... E' nulla...
Il nulla riflesso nella spera

di domani...

Adesso è il momento
di chiudere, svuotata del nulla,
la scatola... E non uscirne
più...

venerdì 3 settembre 2010

Il triste

Non mi importa
se credi, e sei convinta, sia
un momento limite, un'umorale
disposizione,
lo sfogo temporaneo
d'una mia frustrazione,
Non mi importa più neppure
di che cosa pensi o non pensi,
se senti o non senti...
In fondo, nulla sai e mai hai voluto
davvero sapere...
Ciò non di meno,
parli parli parli, senza dire...

mercoledì 1 settembre 2010

La ricerca della Felicità

Nell'Antro Arcano ove
morivano le Stelle, una risata
risuonò sinistra...
Ad alcuni parve lugubre, ad altri
più triste e malinconica che tetra...
Ma la risata non era
né questo né quello, era il Canto
di un Cigno sperso, a lungo
mendico d'un pietoso pugno
di Polvere Celeste,
che si spegneva al lume tenue
d'una dolente lacrima di Luna...

L'analfabeta

Il pensiero logico, la rigorosa
analisi deduttiva...
Poi, non sia mai, un doveroso
tributo al metodo
induttivo...
Ovvio, non si tralasci il seducente
approccio sillogistico...
Mmm... Il richiamo
peregrino...
Il motto audace,
lo slogan un po' gigione,
la dotta citazione...
La programmazione
macro/meso/micro-ciclica,
la progettazione interattiva
per la formazione sinergica,
date le simmetrie
variabili con i parametri
di performance,
ottimizzando gli indicatori
ergonomici di output, non dimenticando
i diagrammi di flusso
e le sinusoidali di input!

E nel frattempo ho smarrito
l'abbecedario del cuore
Io, analfabeta dell'anima...

martedì 31 agosto 2010

La scatola

Neon anonimo e freddo,
Caldi faretti alogeni...
Faldoni contabili,
Patinati volumi di Arte...
Scialbi arredi d'ufficio,
Elegante canapè in stile...

Fra dovere e piacere,
uno scarto di costo
e di gusto,
di "altro" e di "mio", ma sempre
una scatola resta
a contenere la favola
persa...

lunedì 30 agosto 2010

Il podista

Il podista correva... Ogni giorno... Correva poiché doveva, ma non sapeva perché... O meglio, credeva di saperlo, ma la "vera" ragione della sua corsa aveva la consapevolezza di non conoscerla... Il podista, anzitutto, sfidava se stesso nel migliorare tempi e prestazioni, velocità, resistenza e questo richiedeva costante allenamento, metodo e concentrazione, regime dietetico, periodici controlli medici, un rigoroso stile di vita, senza né vizi né stravizi, la rinuncia all'amore, ai figli e alla famiglia, specie per impedire che la mente, avesse vacillato nella propria doverosa volontà di correre, inibisse la capacità fisica di farlo, e di farlo ogni giorno... A chi gli chiedeva "Dove corri?", lui, il podista, non sapeva rispondere... Almeno, non era sicuro che la sua fosse la risposta giusta... O quella vera... Giacché, in realtà, dove correva (al pari del "perché" correva) non l'aveva mai davvero saputo... Qualcuno, forse non digiuno di filosofia o cultura religiosa orientale, gli aveva detto che probabilmente il motivo di tanto impegno e sacrificio stava nel fatto che la mèta e la causa prima del suo correre risiedeva nel correre stesso, e che il correre era nel contempo la sua medesima ragione d'essere e di vita, il suo destino, nonché l'intima natura del podista in quanto tale... Ma costui di per sé non ci vedeva comunque nulla di allettante o entusiasmante in quella metodica, quotidiana, spossante corsa, tanto più che veniva fatta in solitario, senza che alcuno in qualche modo lo gratificasse, lo premiasse, lo esaltasse, lo incitasse, anzi nessuno se ne sarebbe accorto se non fosse stato perché nei suoi discorsi ne accennava di frequente, ciò che per altro lo rendeva spesso oggetto di scherno o compassione... E nonostante tutto correva... Correva... Correva... Correva... Un pomeriggio di un'afosa sera estiva, durante un normale allenamento, il podista oggi ricorda di avere sentito, per la prima volta nella sua vita di corridore, come una sorta di sollievo, un sollievo nel senso che l'affanno e la fatica dolorosi della sua corsa vennero d'un tratto, senza alcun preavviso, meno... Rammenta anche un vocìo, delle luci, dei rumori ovattati e metallici, qualcosa che gli scorreva in gola e nel naso... Non gli sovviene molto di più... Forse, ma non ci giurerebbe, che qualcuno piangeva, poi di sicuro, improvvisi, buio e silenzio... Ma soprattutto che, da allora, non corre più...

Cartolina

Il rettangolo di carta,
lucido, la foto pallida,
sbiadita da vecchia Polaroid...
Quel buffo "fungo" che vendeva
souvenir nella pineta,
e il trenino di cemento
colorato, coi suoi fantastici,
avventurosi, immoti viaggi
di piccoli pionieri...
Ora non ci sono più, fagocitati
dal gorgo impietoso del tempo,
e con loro ogni giorno
una parte di noi, ancora qui, sopravvissuti,
a domandarci
com'eravamo e come saremmo
voluti, potuti, dovuti essere, 
a constatare come siamo...
Il sole tramonta lasciando diffusi
bioccoli bigi sul cielo
vermiglio...

domenica 29 agosto 2010

Il drudo



La morbida curva del seno
si insinua dolce
e superba fra lievi le trame
del tessuto calando, inopinata,
la veste sulle spalle...
Una gamba piegata sull'altra,
la mano con muliebre grazia
ed oli essenziali accarezza fresca
la pelle lavata... Molli
i capelli riversano ciocche
selvagge
su terga leggere e chiamano
l'occhio giù in basso, dove
prorompono, frutti ubertosi,
le natiche...
Un rumore serico,
come un rantolo di foglie
piegate al volere del vento sovrano,
ed ecco,
riempie padrona la stanza la nuda
protervia dei corpi...
Pelle su pelle,
la tenera pugna, primigenio
caos, formicolante sale e caldo
fluisce il brivido, piega le membra, offusca
il cervello, e sgretola il tempo, e lo spazio,
e spezza catene e urla
rabbiosa la carne la propria
rivincita, si tende allo spasmo la speme
di fine infinita...
Poi lì, dopo, esanimi incerti... Come un tronco
rugoso dai rami contorti e annodati
disteso sul gelido greto di un fiume...
La bestia, provvida, ancora ha prevalso
sull'uomo!!!

Albeggia, torno in strada... Mi aspetta
la Casa che non ho, la Vita
che non so...
Infine, l'uomo
che amava le donne
ha ucciso la provvida bestia...

venerdì 27 agosto 2010

DecimAzione


"UNO OGNI DIECI!!!",
gridava l'ufficiale
al subalterno:
"UNO OGNI DIECI!!!",
Ma lui si rifiutò...
Non sapeva contare, e preferiva
seguire il volo frammentato
fatale e variopinto di una farfalla...
Amava la Vita:
Per questo morì, senza saperlo, per primo...

Il sogno di Ossian (Jean-Auguste-Dominique Ingres, 1813)



Muta
rimane immota
la corda,
non più tremula serva
di tardo sopito
Cantore.
Atra la corte
di ombre
muovono larve,
diafana luce,
foschi ricordi, tetri
presagi...
Il senso della fine senza un inizio...

lunedì 31 maggio 2010

La Chiesa fra Stato e Corpo Mistico: potere dello spirito o spirito del potere?

La ricorrente litania che imputa alla Chiesa e alle sue gerarchie un'eccessiva secolarizzazione, a scapito e ad onta della propria missione evangelica e spirituale, ci induce ad alcune corsive riflessioni...
La Chiesa, non va dimenticato che è anche (e forse soprattutto, con rispetto parlando, dal punto di vista istituzionale) un'entità politica ed economica. La storia insegna come per lungo tempo abbia esercitato, accanto al suo magistero spirituale, un potente, determinante ruolo temporale. Non mi riferisco, ovvio, solo allo Stato Pontificio e alle lotte epocali fra Papi e Imperatori, ovvero ai vescovi-conti dell'epoca comunale... Mutatis mutandis, resta un dato di fatto anche per la storia più recente, fino ai giorni nostri... La spiritualità di cui spesso si parla e vagheggia, è pertanto affatto utopistica se considerata in senso assoluto, perché la Chiesa non esisterebbe più in quanto tale. Del resto, quella di costituirsi come "entità temporale" si rivelò una necessità storica, all'indomani della grande rivoluzione di Gesù, per garantirne l'affermazione su un paganesimo di stato esangue e distante e su forme "spiritualistiche" frammentarie e destabilizzanti (e non è un caso che, innovando - per così dire - nella continuità, iconografia, agiografia e liturgia cristiana abbiano attinto a piene mani dall'una e dall'altra parte onde creare un corredo "culturale" ecumenico ed universale, capace di allignare e "unificare" ovunque a livello sia politico che sociale). Certo che questo ha creato una "frattura" ormai parimenti storicizzata fra spiritualismo e temporalismo ecclesiastico (come già in epoca classica fra religione ufficiale e movimenti misterici, ed è significativo che già Francesco sia stato a suo tempo visto come un potenziale elemento "eversivo"...), una frattura parallela alla vicenda politica della Chiesa-Stato (o Regno, come alcuni dicono), ma che quest'ultima ha saputo accortamente sempre riportare nell'alveo del suo magistero universale, assorbendo le istanze e la ragion d'essere degli uni come degli altri, salvo epurarne quegli elementi irriducibili a tal punto da mettersi "fuori" di essa (penso, ad esempio, ad un Dolcino, o ad un Boff, giusto per fare due esempi "estremi" in diversi contesti storici)... Ma a quel punto, abbiamo a che fare con soggetti "isolati" o minoritari, che non riescono ad andare molto lontano con il loro mordente "innovativo" o "rivoluzionario", un tempo torturati e arsi, oggi sospesi a divinis, o addirittura esclusi dalla gerarchia ecclesiastica o dalla stessa Chiesa. In fondo, non dimentichiamoci la lectio polibiana della religio instrumentum regni, che poi ritroveremo nel "Principe" di Machiavelli o nel desiderio del Guicciardini di vedere "liberato il mondo dalla tirannide di questi scellerati preti"... Sempre con rispetto parlando, si intende!!!
La Chiesa per essere Chiesa "ha dovuto" e "deve" essere Stato... Il falegname giudeo Jeshua' è stato un "rivoluzionario" disarmato e incosciente, destabilizzante e "pericoloso" tanto di più quanto di più "visionario" e "immediato" era il suo messaggio: Ἀγαπήσεις τὸν πλησίον σου ὡς σεαυτόν "Ama il prossimo tuo come te stesso" (Matteo 19, 19)... Il testo greco esprime già con la sua stessa intima musicalità un principio semplice nella forma ma radicalmente "sovversivo" nella sostanza!!! La Parola e l'Esempio di un uomo, apparentemente insignificante, ma destinato a travolgere con la sola forza di quella Parola, di quell'Esempio non solo uno Stato, ma un'intero sistema di valori sociali e culturali, un'intera civiltà, sono stati come un uragano che nel distruggere ha trasportato ovunque anche il germe di una nuova era... Morto lui, e in virtù di "quella" stessa morte, il suo carisma unico e irripetibile, che lo aveva fatto assurgere ad "Incipit" di un processo disgregativo per un verso, e aggregativo per un altro (altro elemento di ineguagliata novità), solo un sistema vie più strutturato di gerarchie politico-religiose e di elaborazione dogmatica e culturale, poteva consentire alla costituenda Chiesa di portare avanti l'opera di proselitismo e affermazione capillare e irreversibile... E così fu... Per un verso, questo significò l'inizio del "potere temporale", prima legato alla figura del Caesar, poi sempre più autonomo e antagonistico verso quest'ultima, per un altro, l'assorbimento consapevole e controllato di quelle istanze di fede più spiritualistiche o mistiche, maggiormente aderenti alla figura del Cristo... In fondo, la grande capacità politica della Chiesa è sempre stata quella di mantenere dentro di sé e con pari dignità, salvo casi limiti, queste due fondamentali anime...

domenica 23 maggio 2010

Traduzione poetica di Q. Orazio Flacco, Ode I, 11


Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Vt melius, quidquid erit, pati,
seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum! Sapias, uina liques et spatio breui
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit inuida
aetas. Carpe diem, quam minimum credula postero.
(Metro: Asclepiadeo maggiore)

Traduzione libera:

Non chiedere, Leuconoe, che sorte
ci abbian serbato i Celesti
- chi può saperlo? -,
lascia perdere le cabbale caldee…
Meglio mille volte il buio incerto del futuro…
Che importa se Giove
molti altri inverni,
o questo solo, l’ultimo,
che frange i marosi sugli scogli,
ci avrà concesso.
Dammi retta, versa il vino…
La vita corre breve, inutile speranza l’avvenire:
parliamo e già tiranno il tempo vola via…
Cogli l’oggi, e al domani non pensare…

Traduzione poetica di H. Heine, Lyrisches Intermezzo, 26

Wir haben viel füreinander gefühlt,
Und dennoch uns gar vortrefflich vertragen.
Wir haben oft „Mann und Frau“ gespielt,
Und dennoch uns nicht gerauft und geschlagen.
Wir haben zusammen gejauchzt und gescherzt,
Und zärtlich uns geküßt und geherzt.
Wir haben am Ende, aus kindischer Lust,
„Verstecken“ gespielt in Wäldern und Gründen,
Und haben uns so zu verstecken gewußt,
Daß wir uns nimmermehr wiederfinden.


Traduzione libera:

Grande fu il nostro amore,
perfetta intesa...
Quante volte ci fingemmo sposi,
senza mai zuffe, senza baruffe.
E poi gli scherzi, le risa insieme,
I baci teneri, e le carezze...
E infine, come bimbi, un gioco,
un rimpiattino fra boschi e campi...
Così bravi a nasconderci
da non trovarsi più...

Distici scelti dalla Mu'alliqa di Zuhayr ibn Abi Sulma (nato nel 530 d. C., morto agli inizi del VII secolo)

...
سَئِمْـتُ تَكَالِيْفَ الحَيَاةِ وَمَنْ يَعِـشُ
ثَمَانِيـنَ حَـوْلاً لا أَبَا لَكَ يَسْـأَمِ

وأَعْلـَمُ مَا فِي الْيَوْمِ وَالأَمْسِ قَبْلَـهُ
وَلكِنَّنِـي عَنْ عِلْمِ مَا فِي غَدٍ عَـمِ

رَأَيْتُ المَنَايَا خَبْطَ عَشْوَاءَ مَنْ تُصِبْ
تُمِـتْهُ وَمَنْ تُخْطِىء يُعَمَّـرْ فَيَهْـرَمِ
...
وَمَهْمَا تَكُنْ عِنْدَ امْرِئٍ مَنْ خَلِيقَـةٍ
وَإِنْ خَالَهَا تَخْفَى عَلَى النَّاسِ تُعْلَـمِ
...
Traduzione libera:


Sono stanco del peso della vita e chi vive
ottant'anni padre non ha ed è stanco
Conosco l'oggi e quello che fu ieri
ma cieco sono nel conoscere il domani
Ho visto la Sorte, colpire come zampa

brancolante d'una bestia cieca:
muore chi centra, chi manca vive tardo
avvizzendo

Quale che sia l'indole di un uomo,
seppur creda di celarla agli altri, non impedirà
sia nota
...

martedì 20 aprile 2010

Roma - Scuderie del Quirinale 20 febbraio/13 giugno 2010 "Caravaggio"













Mostra-evento o Evento-in-Mostra?
Nell'anno del quattrocentesimo anniversario della morte di Michelangelo Merisi, noto come il Caravaggio (Milano 29 settembre 1571 – Porto Ercole 18 luglio 1610), fra le numerose iniziative previste per celebrare il grande artista lombardo e la sua opera, si è distinta quanto a risonanza mediatica e battage pubblicitario la mostra "Caravaggio", allestita a Roma presso le Scuderie del Quirinale e visitabile dal 20 febbraio al 13 giugno correnti, ideata da Claudio Strinati e curata da Rossella Vodret e Francesco Buranelli.
Il criterio guida della mostra, secondo quanto dichiarato nella presentazione, è stato quello di offrire al pubblico le sole opere di sicura attribuzione, sulla base di accertata evidenza storica, escludendo pertanto tutta la produzione di "bottega" e lasciando a margine le questioni inerenti alle "versioni" o alle opere sulle quali il dibattito critico è ancora aperto e non unanime.
Non è possibile dire se e in quale misura questo criterio sia stato condizionato, de facto, da esigenze, difficoltà o costi organizzativi... E' vero che enucleare in una mostra l'opera, per altro non particolarmente prolifica dal punto di vista quantitativo, "certa" e, dunque, più significativamente connotativa della vicenda umana e artistica del Nostro, nella sua evoluzione dalla giovinezza alla maturità, nell'uso magistralmente funzionale della luce e della tenebra, nell'originale, innovativa poetica figurativa e pittorica di un realismo spregiudicato e vivido, ha il pregio di fornire al visitatore una lettura immediata, diretta, se vogliamo sinottica, della medesima. E non deve, del resto, esser taciuto l'indubbio vantaggio di poter visionare e confrontare tutti insieme, dipinti conservati in differenti musei o gallerie nazionali ed estere: dalla celeberrima Canestrella di frutta (Milano, Veneranda Biblioteca Ambrosiana), a I musici (New York, Metropolitan Museum), al bellissimo Amor vincit omnia (Berlino, Gemäldegalerie dello Staatliche Museum), per non tacere del Suonatore di liuto (San Pietroburgo, Museo dell'Ermitage), del Bacco e del Sacrificio di Isacco (Firenze, Galleria degli Uffizi), del Davide con la testa di Golia (nella quale l'artista fuoriuscito da Roma, in seguito a condanna a morte per l'omicidio di Ranuccio Tomassoni nel 1606, raffigura icasticamente se stesso; Roma, Galleria Borghese), della Giuditta che taglia la testa a Oloferne (Roma, Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini), delle due versioni della Cena in Emmaus (Londra, National Gallery e Milano, Pinacoteca di Brera), della stupenda Incoronazione di spine (Vienna, Kunsthistorische Museum), dei Bari ( Fort Worth - Texas, Kimbell Art Museum)...
Va però rilevato che non sarebbe dispiaciuta una sezione che almeno fornisse, se non altro per completezza d'informazione e per giustificare il costo salato di biglietto, servizi, gadget (dato che manifestazioni simili, in fondo, a questo sono indirizzate, ossia a coniugare, sotto l'etichetta rassicurante della "cultura di massa", istanze ad un tempo divulgative e commerciali), una panoramica del Caravaggismo e degli attuali orientamenti critici sulla produzione "attribuibile" al Merisi. E proprio in virtù del criterio selettivo di cui sopra, non si può altresì non lamentare l'incresciosa evenienza che, per giunta, difficilmente un visitatore riuscirà a vedere, in un'unica volta, tutte le opere acquisite per l'occasione, giacché non pochi dipinti sono disponibili solamente per periodi limitati. Così, il Bacco, l'Amore dormiente e il Sacrificio di Isacco saranno esposti fino al 22 maggio, per tornare quindi alla propria sede in concomitanza con l'evento espositivo "Caravaggio e i Caravaggeschi a Firenze"; il Suonatore di liuto rientrerà all'Ermitage entro il 15 maggio, la Conversione di Saulo ritornerà alla collezione privata cui appartiene entro il 4 giugno, il Riposo durante la fuga in Egitto ha già lasciato la mostra il 22 marzo per essere esposto a Genova, Villa del Principe Doria, nella mostra "Caravaggio e l'arte della fuga. La pittura di paesaggio nelle ville Doria Pamphilj"; mentre solo dallo scorso 14 aprile è stata aggiunta la Flagellazione di Cristo, proveniente dal Museo di Capodimonte, Napoli.
Ciò senza nulla togliere al valore complessivo dell'esposizione, che merita sicuramente di essere visitata, per quanto sia d'uopo forse, un po' per il criterio di scelta "restrittivo" operato (sebbene affatto coerente con le finalità "programmatiche" degli organizzatori), un po' per la predetta temporaneità della presenza di capolavori indubbiamente rappresentativi, ridimensionarne la sbandierata portata di "evento".
Segnaliamo, altresì, l'opportunità di completare la panoramica delle opere caravaggesche visibili alle Scuderie del Quirinale, con la visita alla Cappella Contarelli, nella chiesa di San Luigi dei Francesi, vicino a Piazza Navona, dove si trovano altri tre capolavori (olio su tela) dell'artista lombardo (il Martirio di San MatteoSan Matteo e l'angeloVocazione di San Matteo), e la visita nella Cappella Cerasi della chiesa di Santa Maria del Popolo, nell'omonima piazza romana, sede di altre due famose tele (la Crocefissione di San Pietro e una diversa versione della Conversione di Saulo).
Per informazioni e contatti:
http://www.scuderiequirinale.it/Mediacenter/FE/CategoriaMedia.aspx?idc=77