lunedì 2 marzo 2009

VERSI ELEMENTARI

ARIA

Impalpabile giungi improvvisa,
vitale,
con la carezza lieve
d’un refolo ramingo
nella canicola della sera estiva,
dolce e leggera avvolgi
il mio corpo seminudo
che s’attarda alla ricerca,
forse vana, d’una requie
che non trova, o forse, che non c’è…
Vorrei perdermi nei tuoi silenzi
gravidi di segni, che pronunciando
non traduco, se non in sillabe stentate,
e tu, pietosa, con la mano
sigilli le mie labbra.

ACQUA

Mi scorri dentro come
un’onda lenta e inesorabile,
che ora va, ora viene,
e pervade le mie viscere,
fino al guizzo minimale
del più riposto atomo:
lo sai che senza te
vivrei al più
uno scampolo di vita,
eppure faccio spesso come tu
non esistessi,
non t’ascolto, non ti vedo,
non mi lascio cullare nella tua
risacca dolce, io che vissi
per un terzo d’assoluto
e il resto è noia, e te sei me
ed io, per gran parte, te.
Quando le tue labbra baciano
la pelle, mi dai la sensazione
d’un respiro fresco che lento
mi scivola addosso e si perde
lontano.

FUOCO

Consumi te stessa
nel vortice violento di un carnale
approdo, catarsi
insperata, vivida
purezza rinnovata:
mordicchi il mio orecchio
facendoti più stretta,
accoccolata nel tepore
del mio corpo, ora
quietata, eppure senza requie,
incapace di morire.

TERRA

Ti guardo giacere
nella tua pingue
mollezza,
inafferrabile il gesto
d’antica lentezza,
dolce e tremenda,
mentre prorompe,
abisso di carnalità e sensi,
la cornucopia della tue forme
che prospere
si plasmano al tatto,
e il collo,
così materno e insieme
sensuale,
tu che dai e riprendi,
tu che prendi per dare,
in un impari imprevedibile
ineffabile sinallagma.

venerdì 27 febbraio 2009

La donna che non ho

La donna che non ho
è, forse banalmente,
un po’ madre, un po’ amica,
un po’ santa, un po’ puttana
quel che basta e non guasta,
e certo, meno banalmente,
è amante e complice,
non comprende perché ama,
ma ama perché comprende,
parla agli animali e sorride
alle stelle.

La donna che non ho
solo a tratti ricorda Beatrice,
Laura o Fiammetta,
più spesso, come Drusilla,
prega S. Antonio
per gli ombrelli smarriti,
e prega per i suoi morti
e un po’ anche per me.
E come la Lina è arruffata
superba pollastra, gravida
giovenca, lunga cagna pavida
coniglia, libera rondine
che annuncia col suo canto rinnovata
primavera, ha occhi di gatta,
corpo di cerbiatta, cuore
di cane, è ora provvida
formica, ora allegra
cicala, è un’ape operosa,
cura e protegge furiosa
il nido e i suoi piccoli,
non teme la morte
e tenta tenace la sorte.

La donna che non ho
è beatitudine e tormento,
non prende un uomo per la gola,
anche se talora ne ha
la tentazione
- sta altrove la sua forza -,
gioca ma non si prende gioco,
e riesce ad esser seria
senza troppo prendersi
sul serio,
amando e vivendo
dà e non chiede,
ma quando occorre desidera
e prende
ciò che necessita,
non ha bisogno di sembrare
o dimostrare,
perché le basta essere,
sa e ha saputo soffrire,
conosce le pene del cuore
e il male di vivere,
rende ieri l’oggi e punta al domani
per leccarsi le ferite e realizzar
se stessa.

La donna che non ho
danza per me discinta e provoca
ammiccante,
cosparge la pelle di oli e fragranze
suadenti
fresca di bagno,
è la vertigine dolce che trascina
nel vortice dorato di un oblio
ebbro di sensi e nudità
velate,
sapore primordiale di conquista
e abisso senza freno
di passione.

La donna che non ho
è chiara e fresca acqua
sorgiva, che dà sollievo
alle arsure,
è ponentino leggero
che allevia la canicola,
è tempesta di sabbia
che sferza, riscalda ed offusca
il pensiero e anima sogni
d’approdo e rifugio,
è pioggia insistente che nutre
e depura, ma non dilava
esiziale,
è lampo nel cielo d’estate,
che ti sorprende
quando meno te lo aspetti,
e fa dell’essere normale la sua
eccezionalità.

La donna che non ho
amo guardarle la linea del collo
quando reclina il capo
e tiene i capelli raccolti
a cercine,
quando esce dalla doccia
e par seta che avvolge il bianco
dell’ovatta,
amo come parla e inarca,
altera o perplessa,
il sopracciglio,
ne amo l’andatura e il fare
lieve, i grandi occhi color
mare, d’un verde vivido
che s’accende e brilla
all’accenno di un sorriso,
la pelle ambrata quel che serve
a dare un non so che
di terra e sole e tropici lontani,
ne amo il culo quando incede
e ancheggia e le tornite
gambe, le lunghe mani,
i piedi scarni.

La donna che non ho
è isolarsi con l’i-pod a palla
nelle orecchie, e non pensare
per non desiderare,
per non chiedersi
del sé che non si ha, o che, avendolo,
non si vede, o lo si vede distorto o solo
in parte.

La donna che non ho
non ama i dead men walking,
e non ama chi con la vita
ha fatto una scommessa
deciso a tutto pur di perderla
e resta inebetito a chiedersi:
la donna che non ho…