mercoledì 3 novembre 2010

Nepal

Un viaggio di un paio di settimane in Nepal non può andare oltre una sorta di "carrellata" attraverso i principali elementi connotativi del paese e del suo popolo. Fra questi, la valle di Kathmandu, con il cospicuo patrimonio storico, culturale, religioso e architettonico della capitale e degli altri pittoreschi centri urbani, esperibile nelle suggestive vedute delle "piazze" monumentali; nella ieraticità degli stupa, dei templi e dei santuari, e nelle tradizioni religiose e rituali secolari, dove buddhismo e induismo con i rispettivi corredi di simboli e apparati convivono nell'armonia sorridente e placida del namaste, il saluto tradizionale sinonimo di rispetto e accettazione del divino che è in ciascun essere e che ciascun essere riconosce nell'altro; nei deliziosi quartieri e nelle viuzze medievali, formicolanti di vita e quotidiana umanità; nei variopinti mercati di frutta e verdura e negli animati e affastellati negozietti; nel traffico frenetico e caotico, dove moto auto e camion, pedoni e animali si intersecano e si schivano, quasi magicamente, in un groviglio sconclusionato e frastornante... Per non tacere delle imponenti, spettacolari, poderose vette innevate dell'Himalaya e dell'Annapurna, paradiso e inferno per generazioni di esperti alpinisti e scalatori, ma anche mete predilette per milioni di escursionisti e trekker lungo emozionanti percorsi fra monti lussureggianti e scroscianti corsi d'acqua, patria eletta degli sherpa, etnia di montagna e moderno designativo di guide esperte e portatori capaci di arrampicarsi, anche semi-scalzi, per costoni e vallate sotto il peso spaventoso di merci e attrezzature di montagna... E ancora, i bassopiani subtropicali del Terai cosiddetto "interno", nella giungla calda e umida del Parco di Chitwan, con la sua varietà di piante e animali e i suoi costosi lodge in stile "coloniale"...

Se tutto ciò è vero, nondimeno devo riconoscere che, al di là dell'innegabile interesse, non sono riuscito ad entrare in "empatia" con questo mondo, mi è mancata quella sorta di Einfühlung che ho vissuto visitando altre realtà (penso segnatamente allo Yemen e all'Abissinia)... Forse perché rifuggo per natura tutto quello che è troppo turisticizzato (e il Nepal, almeno nei circuiti dei tour tradizionali, lo è notevolmente), oppure perché sono le terre e le popolazioni più selvagge, povere ed ostiche a stimolare le mie più riposte emozioni... Chissà... Ovvio, il Nepal che vede oggi il turista occidentale è, come molte altri scenari del Terzo Mondo, un Nepal, almeno in parte, profondamente snaturato dalla presenza massiccia dell'Occidente e dalla globalizzazione... Oltre che una meta privilegiata per scalatori e cultori della montagna, non dimentichiamoci che Kathmandu rappresentava la tappa finale del famoso "pellegrinaggio hippie", così in voga fra la fine degli anni 60 e l'inizio anni 70 del secolo scorso, ciò che lo rende ancor oggi uno stanco, anacronistico simulacro di una cultura, o pseudo-cultura, ridotta a snobismo da alternativi abbienti, un po' come il Che Guevara e il sub-comandante Marcos da T-shirt modaiole...

Visitare un paese, una terra straniera e lontana da noi per usi, cultura, sistema sociale non significa certo "conoscere" quel paese, quella terra e le rispettive genti... Anche se la visita può essere sufficientemente dilatata nel tempo e approfondita attraverso le località toccate, magari informata ad un approccio, almeno nelle intenzioni, meno turistico e più da viaggiatore, solo il "vivere" per periodi abbastanza lunghi in una determinata realtà, e precipuamente il viverci cercando di comprenderne e compenetrarne le dinamiche più intime e riposte, acquisendone possibilmente la lingua e la quotidianità, può mettere lo straniero nella condizione privilegiata di "conoscenza" relativa...

Credo che il suddetto sia un concetto tanto irrefutabile, quanto scontato, ma spesso, nondimeno, sottovalutato. E ritengo pure sia questa una delle ragioni per le quali si creano certi luoghi comuni, privi di reale fondamento, o comunque informati ad ottiche e visioni quanto mai superficiali e parziali, a seconda degli orientamenti celebrativi o denigrativi, su questo o quell'altro paese, questa o quell'altra cultura o popolazione, senza dimenticare i condizionamenti degli omnipresenti interessi del turismo organizzato e dei tour-operator che lo gestiscono. Occorrerebbe magari approfondire e completare, nella fattispecie, la conoscenza di tale piccolo e dignitoso paese del continente sub-indiano percorrendo itinerari meno battuti, più di nicchia... Penso alle remote e fascinose lande del Mustang, per esempio, o alle regioni del cosiddetto outer Terai... Un'idea per una prossima avventura?

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