
sabato 21 luglio 2007
Scissor Sisters live ad Italia Wave

mercoledì 11 luglio 2007
Lou Reed ad Arezzo e lo "Zoo" di "Berlin"

Ad accompagnare il rocker, un coro di voci bianche (dodici fra bambine e bambini), una sezione sinfonica composta da tre archi (violoncello e due violini) e quattro fiati, oltre alla band formata dalla cantante Sharon Jones, dal chitarrista Steve Hunter, da Rob Wasserman al contrabbasso elettrico, da Tony Smith alla batteria, dal bassista, chitarrista, cantante Fernando Saunder e da Rupert Christie alle tastiere. Nel team di Reed che ha collaborato alla realizzazione del tour, troviamo, altresì, alcuni importanti nomi del panorama artistico-musicale internazionale, uno fra tutti lo storico Bob Ezrin, già produttore originario dell'album.
Di "Berlin" è stato detto e scritto a profusione: opera choc per i tempi, risultò subito talmente cupa, introspettiva e desolante, nonché di inaspettata, drastica svolta rispetto al Lou Reed versione glam-rock fino ad allora noto ed apprezzato, segnatamente in seguito al recente successo mondiale di "Transformer", da essere brutalmente stroncata dalla critica e dal pubblico statunitensi al momento della sua uscita e da non avere più di tanto clamore neppure in Europa, dove peraltro fu maggiormente compresa. Ad essa Reed affida quasi prepotentemente, in consapevole rottura con le logiche commerciali dello star system, la lucida, spietata, metaforica sintesi di un disagio profondo, di un malessere esistenziale ad un tempo personale e generazionale, in cui si tratteggiano con lirica incisività, fino al tragico epilogo, paure, straniamento, incomunicabilità e male di vivere, nella loro più devastante ed esiziale deriva psicologica, affettiva, familiare. Chissà perché, ma non è forse un caso, tornano alla mente quasi per immediato richiamo, le scene del film di Danny Boyle, Trainspotting, del 1996, il cui incipit pare essere una sorta di postuma chiosa al lavoro di Reed (per inciso, Just a Perfect Day, se non ricordo male è una delle canzoni del film...): « Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera, scegliete la famiglia, scegliete un maxitelevisore del cazzo, scegliete lavatrice, macchine, lettori cd e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita, scegliete un mutuo a interessi fissi, scegliete una prima casa, scegliete gli amici, scegliete una moda casual e le valigie in tinta, scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cazzo, scegliete il fai da te e chiedetevi chi cacchio siete la domenica mattina, scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare. Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi, scegliete un futuro, scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita, ho scelto qualcos'altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni, chi ha bisogno di ragioni quando ha l'eroina?... »(Wikipedia, s.v. Trainspotting). Il film di Boyle è stato tratto dall'omonima opera prima di Irvine Welsh, pubblicata nel 1993... Come dire che, a trent'anni esatti di distanza, mutatis mutandis, quel disagio, quei malesseri restavano ancora affatto validi e, temo, lo restino a tutt'oggi.
Di "Berlin" è stato detto e scritto a profusione: opera choc per i tempi, risultò subito talmente cupa, introspettiva e desolante, nonché di inaspettata, drastica svolta rispetto al Lou Reed versione glam-rock fino ad allora noto ed apprezzato, segnatamente in seguito al recente successo mondiale di "Transformer", da essere brutalmente stroncata dalla critica e dal pubblico statunitensi al momento della sua uscita e da non avere più di tanto clamore neppure in Europa, dove peraltro fu maggiormente compresa. Ad essa Reed affida quasi prepotentemente, in consapevole rottura con le logiche commerciali dello star system, la lucida, spietata, metaforica sintesi di un disagio profondo, di un malessere esistenziale ad un tempo personale e generazionale, in cui si tratteggiano con lirica incisività, fino al tragico epilogo, paure, straniamento, incomunicabilità e male di vivere, nella loro più devastante ed esiziale deriva psicologica, affettiva, familiare. Chissà perché, ma non è forse un caso, tornano alla mente quasi per immediato richiamo, le scene del film di Danny Boyle, Trainspotting, del 1996, il cui incipit pare essere una sorta di postuma chiosa al lavoro di Reed (per inciso, Just a Perfect Day, se non ricordo male è una delle canzoni del film...): « Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera, scegliete la famiglia, scegliete un maxitelevisore del cazzo, scegliete lavatrice, macchine, lettori cd e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita, scegliete un mutuo a interessi fissi, scegliete una prima casa, scegliete gli amici, scegliete una moda casual e le valigie in tinta, scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cazzo, scegliete il fai da te e chiedetevi chi cacchio siete la domenica mattina, scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare. Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi, scegliete un futuro, scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita, ho scelto qualcos'altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni, chi ha bisogno di ragioni quando ha l'eroina?... »(Wikipedia, s.v. Trainspotting). Il film di Boyle è stato tratto dall'omonima opera prima di Irvine Welsh, pubblicata nel 1993... Come dire che, a trent'anni esatti di distanza, mutatis mutandis, quel disagio, quei malesseri restavano ancora affatto validi e, temo, lo restino a tutt'oggi.
Per la necessità e la difficoltà di seguire con la massima attenzione, al fine di penetrarne le trame più riposte, l'ordito della storia di Jim e Caroline, questa sorta di "film for the ears", come è stato felicemente definito "Berlin", per quindi meglio collegare e raccordare gli "scorci" intimistici o situazionali che le singole canzoni forniscono nel loro concorrere alla creazione del percorso lirico-narrativo dell'album, forse si sarebbero richieste, a livello organizzativo, modalità di ascolto più consone all'evento... Intanto, posti a sedere e non ad ingresso libero, nonché un qualche materiale a carattere introduttivo o esplicativo dei significati dell'opera e della sua valenza... L'inglese non è lingua da tutti padroneggiata e non tutti hanno forse avuto il tempo o la voglia di riascoltarsi l'album. Si scelga se si vuole fare della cultura di nicchia, per pochi eletti, oppure se la si vuole rendere un bene fruibile per tutti... Ma una volta scelto, visto che, per giunta, il numero fa pecunia, si dia almeno la giusta considerazione a chi la merita, se non altro perché paga un biglietto, magari s'è sottoposto a faticosi spostamenti, attende per ore sotto il sole, e via dicendo...
Concludiamo solo ricordando i tre "bis" (mi si passi questa specie di curioso ossimoro), dal sapore nazional-popolare: Sweet Jane, Satellite Of Love e Walk On The Wild Side... A seconda di come la si vuol vedere, il tributo allo star system... O un regalo più "rilassato" e rockettaro ai numerosi fans (circa 6.000, secondo le stime ufficiali)...
Finalmente il sito web dei DISCOrDANCE!!!

sabato 7 luglio 2007
Peter Gabriel in concerto ad Arezzo

mercoledì 4 luglio 2007
Transformers. The Movie

Gli ingredienti della ricetta sfornata da Bay sono quelli soliti di mille film americani di genere, con la più classica contrapposizione dei due schieramenti, l'uno totalmente perfido e abominevole, l'altro probo e nobile per definizione; con la pupa e il secchione di turno e le grazie della medesima prima rivolte - suo malgrado poverina (ma chi le obbliga 'ste qui?) - ai belloni ricchi e stronzi, oltreché scemi (cribbio, almeno un difetto!), poi ai rospetti sfigati perché in fondo sono belli dentro (ma solo nei film, e in questi film, eh?!); con azioni fracassone e rocambolesche ed effetti speciali tanto costosi quanto davvero superlativi...
Ma che cosa invece rende il film gradevole, fresco, accattivante fino alla pur scontata conclusione? Indubbiamente la rivisitazione spiritosa, a tratti fortemente ironica, a tratti spassosamente comica, con cui questi topoi sono riproposti... Il film diviene scanzonato, non si prende mai sul serio, non indugia in ampollose retoriche moraleggianti più o meno latenti... Si pensi al ritratto dissacrante della famiglia americana benestante, con le sue paranoie e le sue fobie, fatto però con levità, senza orpelli didascalici, ciò che per altro ne accentua l'incisività, la capacità - attraverso il ridicolo - di colpire lo spettatore; o al Presidente degli Stati Uniti, nell'unica scena che lo ritrae, spaparanzato su di un letto nell'Air Force One, il volto del quale si nasconde dietro ai suoi piedi coperti da vistose calze rosse, preoccupato solo dei suoi cocktails mentre un mini-Transformer sta sabotando, a bordo del suo stesso aereo, i sistemi telematici ed informatici di difesa e comunicazione delle nazione; o ancora agli apparati di sicurezza della segreta Sezione 7 guidati dall'agente Simmons (interpretato da un convincente John Turturro), schizzatissimo e strafottente; o al buffissimo hacker Glen Withmann (Anthony Anderson), la cui singolare genialità cozza con un totale infantilismo naif... Per non tacere della stesse scene in cui gli enormi Transformers buoni finiscono nel giardino, maniacalmente curato, di casa Witwicky, ovviamente finendo per distruggerlo completamente, o ancora quando l'auto di Sam, che in realtà è - ma ancora lui non lo sa - il suo Transformer-guardiano Bubblebee, si offre di fare, sintonizzando la radio su musiche romantiche e con trovate ad hoc, da paraninfo onde agevolare i goffi tentativi del ragazzo per conquistarsi le grazie della bella compagna di scuola, e quindi di avventure, Mikaela Banes (la stupenda Megan Fox)...
Insomma, da vedere...
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